histothēkē (ἱστοθήκη, ἡ)
Composto di ➔ἱστός (“albero della nave”) e della radice a grado forte di δέχομαι (tratta dalla forma propria di tutti i dialetti al di fuori dell’attico, δέκομαι), “ricevere”. Il significato letterale è quindi “oggetto che riceve l’albero della nave”. La composizione in -δόκη è attestata per vari tipi di recipienti (Chantraine 1999, 269), quindi si può anche intendere “oggetto che contiene l’albero”. Tuttavia, stando ai testi e all’iconografia, la ιι non aveva la conformazione di un contenitore, ma solo di un sostegno. Secondo Kurt 1979, 173 il termine, come altri composti in -δόκη, proviene da uno strato linguistico colloquiale.
A causa della sua rarità e antichità, il termine ι compare diverse volte nei testi eruditi. Tuttavia (esattamente come nei testi letterari postomerici) pare esservi una confusione fra la ι, che serviva a reggere l’albero smontato e si trovava a poppa, e le strutture che si supponevano di sostegno dell’albero issato collocate a metà lunghezza dello scafo, cioè ➔ἱστοπέδη e ➔μεσόδμη (su cui cfr. ad es. Kurt 1979, 118-9 e Janni 1996, 91-2). Così Ap. Soph. Lex. Hom. 93 Bekker s.v ι: τὸ διὰ μέσης τῆς νεὼς φράγμα, εἰς ὃ κατακλινόμενος τίθεται ὁ ἱστός: “La barriera lignea situata a metà della nave, in cui viene posto l’albero quando è adagiato”; Hsch. ι 1024 s.v ι, il quale glossa anche il termine con l’altrimenti ignoto ἱστοθήκη, “cassa dell’albero” (cfr. anche Et. Gud. 287, 43 Sturz s.v. ι e Zonar. 1126, 1 Τittmann s.v. ι). Lo stesso termine ἱστοθήκη nasce dalla confusione con la ➔μεσόδμη e/o la ➔ἱστοπέδη, che forse era una specie di contenitore ligneo. Sch. Ap Rhod. I, 1204d opera la medesima sovrapposizione, commentando così il termine σφησί (“zeppe”): τοῖς περὶ τὴν ἱστοδόκην σφησὶ τοῖς περιέχουσι καὶ κρατύνουσι τὸν ἱστόν: “le zeppe messe intorno alla histodoke, che circondano e rinforzano l’albero”; vd. infine sch. Od. II, 424 Dindorf. La sovrapposizione è talora accettata anche nella critica moderna, ma in misura decisamente minoritaria: vd. ad es. Torr 1895, 80 nota 181.
Altri eruditi antichi hanno una cognizione solo generica di cosa sia la ι. Poll. I, 93 elenca semplicemente il termine fra le attrezzature della nave. Tolomeo, De diff. voc. 410, 19 Heylbut s.v. ι la spiega solo con la sua funzione (“la struttura su cui viene adagiato l’albero”).
Vi è però un gruppo di fonti che dimostra una comprensione precisa del termine, attestando un dibattito già antico (oltre a un interesse puramente linguistico per la formazione in -δοκη): [Amm.] De adf. voc. diff. 251 Nickau ἱστοδόκη καὶ ἱστοπέδη διαφέρουσιν. ἱστοδόκη μὲν γάρ ἐστιν ἐφ’ ἧς ὁ ἱστὸς κατακλίνεται […] ἱστοπέδη δὲ ὁ ἐν μέσῳ τῆς νεῶς κοῖλος τόπος […] εἰς ὃν ὁ ἱστὸς ἐντίθεται: “Histodoke e histopede sono due cose diverse. La histodoke è quella parte su cui viene adagiato l’albero […], mentre la histopede una zona cava in mezzo alla nave in cui viene innestato l’albero”. Eust. ad Il. I, 434: Ἱστοδόκη δὲ ξύλον κατὰ πρύμναν ἐξέχον, καθ’ οὗ κλίνεται ὁ ἱστός. γράφεται δὲ διὰ τοῦ κ, διότι τὰ παρὰ τὸ δέχω οὕτω προάγονται Ἰωνικῶς (cfr. sch. Il. I, 434 a1-2 Dindorf; sch. D ibid.): “La histodoke è una struttura lignea eretta a poppa, su cui viene adagiato l’albero. Si scrive col kappa poiché il dialetto ionico preferisce in questa forma i derivati di δέχω”. Et. Magn. 478 Gaisford s.v. ι sembra far confluire Et. Gud. ed Eustazio: Ἡ ὑποδεχομένη τὸν ἱστὸν ἱστοθήκη· λέγεται δὲ τὸ κατὰ τὴν πρύμναν ἀνέχον ξύλον, καθ’ οὗ κλίνεται ὁ ἱστός. Τὰ δὲ παρὰ τοῦ δέχω πάντα διὰ τοῦ κ, ξεινοδόκος καὶ τὰ ὅμοια. Tetz. ad Il. I, 434 è leggermente impreciso perché sostituisce “pennone” a “albero” (forse influenzato da Apollonio Rodio, vd. infra), ma nel complesso coglie nel segno: ἱστοδόκη· τόπος, οὗ ἡ κεραία ἀποτίθεται χαλωμένη διὰ τῶν προτόνων (“Histodoke: luogo in cui viene deposto il pennone quando è smontato tramite gli stralli”).
Termine molto raro e prettamente omerico. È attestato due volte nell’epica arcaica, ma in uno stesso verso formulare (Il. I, 434 = Hymn. Hom. Ap. 504): ἱστὸν δ’ ἱστοδόκῃ πέλασαν προτόνοισιν ὑφέντες (“deposero l’albero sulla gruccia, abbassandolo con gli stralli”; vd. anche ➔πρότονος). Entrambe sono scene di approdo: la ι entra in gioco quando la nave omerica deve essere ormeggiata, e quindi l’albero smontato e deposto su un sostegno sicuro. È naturale che tale sostegno non si trovasse al centro della nave come credono alcune fonti erudite, ma che reggesse una delle due estremità dell’albero. Dal testo risulta probabile che la ι fosse collocata a poppa, dato che per calarvi l’albero vengono sciolti gli stralli di prua (Casson 1971, 47); la cosa è confermata dall’iconografia. Non esistono descrizioni dettagliate dell’oggetto, ma (pace Janni 1996, 91) da alcune raffigurazioni e dalle migliori discussioni erudite si può ricavare che consisteva sostanzialmente in una gruccia lignea.
Dopo Omero, la ι viene confusa anche nella letteratura con la ➔ἱστοπέδη e/o la ➔μεσόδμη. Il termine è riutilizzato da Apollonio Rodio (II, 1262-4), il quale però sembra già compiere una certa sovrapposizione, intendendola al contempo come una sorta di contenitore per le vele ammainate e come un sostegno per l’albero smontato: αὐτίκα δ’ ἱστία μὲν καὶ ἐπίκριον ἔνδοθι κοίλης / ἱστοδόκης στείλαντες ἐκόσμεον, ἐν δὲ καὶ αὐτόν / ἱστὸν ἄφαρ χαλάσαντο παρακλιδόν (“Subito sistemarono la vela e il pennone, ammainandoli, nella gruccia cava, e di seguito vi adagiarono anche lo stesso albero, lì appoggiato”). Lo stesso epiteto κοίλη (“cava”), qui applicato alla ι, è quello che tipicamente accompagna ➔μεσόδμη in Omero.
ι, un po’ curiosamente, riceve una delle sue rare menzioni nell’Almagesto di Claudio Tolomeo (I, 2, 148-9; I, 2, 177, 7 e 19 Heiberg), all’interno della descrizione della costellazione della Nave Argo. Qui la ι è usata come punto di riferimento, insieme ad altre parti della immaginaria nave, per localizzarne le singole stelle. La posizione che Tolomeo presuppone per la ι non è definita con assoluta precisione, ma sembra che egli la immagini verso poppa (Torr 1895, 80 n. 181). In Teodoreto di Cirro, Eranistes 118, 30 – 119, 2 Ettlinger la ι è menzionata come parte dell’attrezzatura di una nave, e nello specifico distinta dal timone (➔πηδάλιον) in quanto, dice Teodoreto, ciascuno dei due oggetti necessita di una differente tecnica per la sua manutenzione. Sia Tolomeo che Teodoreto paiono avere una comprensione meno generica di cosa sia una ι, forse perché ne conoscevano degli esempi dalla marineria più tarda (vd. infra).
Note alla galleria fotografica
Strutture simili a una ι sono note già per le navi egiziane e micenee (Kurt 1979, 18 e 173). La ι è poi certamente una componente della nave omerica, ma non si trova mai rappresentata nei vasi di età geometrica. Secondo Kirk 1949, 131 in quest’epoca l’albero fu ridotto di dimensioni, e perciò quando smontato poteva semplicemente essere adagiato sul ponte della nave, senza bisogno della gruccia, perché non sarebbe risultato sporgente rispetto allo scafo; ma è più semplice pensare che la ι fosse un elemento percepito come accessorio e/o secondario della nave, e quindi non rappresentata in pittura. Della ι “omerica” è nota, in ogni caso, soltanto una rappresentazione, all’interno però di un manufatto celeberrimo: il Vaso François (Fig.1).
Stando all’iconografia, la ι poteva essere impiegata anche in epoca ellenistica e romana, ma solo occasionalmente e, sembra, per piccole imbarcazioni: molto probabilmente, come dimostrato anche dalla confusione di letterari ed eruditi antichi, non fu più una parte essenziale della nave. Un mosaico del III s. d.C., rinvenuto in una tomba ad Hadrumetum (Tunisia) mostra l’albero adagiato a poppa su una ι in una piccola imbarcazione romana in un mosaico.(Fig. 2 da Wilson 2011, p. 49, fig. 2.23).
- Casson 1971: L. Casson, Ships and Seamanship in the Ancient World, Princeton 1971.
- Chantraine 1999: P. Chaintraine, Dictionnaire Étymologique de la Langue Grecque, ed. suppl. A.
- Blanc, C. de Lamberterie, J.-L. Perpillou, Paris 1999.
- Janni 1996: P. Janni, Il Mare degli Antichi, Bari 1996.
- Kirk 1949: G.S. Kirk, Ships on Geometric Vases, ABSA, 44, 1941, 93-153.
- Kurt 1979: C. Kurt, Seemännische Fachausdrücke bei Homer, Göttingen 1979.
- Torr 1985: C. Torr, Ancient Ships, Cambridge 1895.
- Wilson 2011: A. Wilson, Developments in Mediterranean shipping and maritime trade from the Hellenistic period to AD 1000, in D. Robinson, A. Wilson, Maritime Archaeology and Ancient Trade in the Mediterranean, Oxford 2011, 33-60.