aposimoō (ἀποσιμόω)

Autore Maria Beatrice Tosi
Traduzione Slanciarsi (per attaccare) oppure virare rapidamente (per attaccare). Manovra navale incerta, ma sempre menzionata in ambito bellico e in relazione a uno speronamento (→ ἐμβολή, ἐμβάλλω).
Termini trattati nella voce

aposimoō (ἀποσιμόω), aposimōsis (ἀποσίμωσις, ἡ)

Etimologia

Der. di σῑμός (dal naso camuso; di qui il primo significato di α, propriam. «rendere camuso») , a sua volta composto dal suffisso aggettivale -μός e la radice σι-. Secondo Chantraine (e, in definitiva anche secondo Beekes), è impossibile stabilire un’etimologia, ma forse, seguendo Solmsen, si può collegare a σίλλος («insulto, invettiva», spec. riferito a poemi satirici in esametri; cfr. Σιληνός, forse derivato senza geminazione) e a σίκχος («difficile, schizzinoso»). Beekes riporta la ricostruzione di Janda, secondo cui l’aggettivo deriva da *tih₂-m («colpito, appiattito»), a sua volta dalla radice IE *tieh₂- («colpire»), da cui secondo Janda derivano anche σῖτος (<*tih₂-tό, «battuto, trebbiato»), σῆμα (*tiéh₂-mn, «scolpito») e σῶμα (*tiόh₂-mn, «colpito, ucciso»). Esclusa quest’ultima derivazione per ragioni linguistiche (i neutri in *-mn difficilmente assumono il grado forte in –o), Beekes considera l’intera ricostruzione abbastanza improbabile, sia per l’ampio spettro di significati, sia perché il significato di «colpire» non è attestato in greco. Altrettanto dubbi paiono gli accostamenti all’AAT swīnan e all’AN svína, nel significato di «scomparire», perché *s– non dà normalmente esito a σ- in greco (Beekes & van Beek, 2010).

Attestazioni lessicografiche

Ael. Dion. A161 s.v. ἀποσιμῶσαι: […] Θουκυδίδης δὲ [scil. Thuc. 4 25.5, vd. infra] τὸ μετεωρίσαι τὰς ναῦς, per cui cfr. anche Ps.-Zonar. p. 270 s.v. Ἀποσιμῶσαι, Phot. A2636 s.v. Ἀποσιμῶσαι, Eust. 3 p.572 ll. 13-14; Συναγωηὴ λέξεων χρησίμων (MS. B), A 1957, s.v. ἀποσιμῶσαι; Sud. A3520 s.v. Ἀποσιμῶσαι. Phot. A2636 s.v. Ἀποσιμῶσαι: τὸ ἀναχωρήσαντα ἐκ διαστήματος συμβαλεῖν τῇ νηΐ. […]. Per cui cfr. anche EM A 1620 s.v. Ἀποσιμοῦν […] ἐπὶ νεῶν τὸ ἐκ διαστήματος ἐμβάλλειν […]. Σ ad Thuc. 4 25.5b (ἀποσιμωσάντων:) ὑπαναχωρησάντων καὶ μετεωρισάντων τὰς ναῦς, ἵνα ἐκ πολλοῦ διαστήματος δυνηθῶσι μετὰ μείζονος ὁρμῆς ἐμβάλλειν τοῖς Ἀθηναίοις. Probabilmente in questo caso lo scoliaste (o l’autore del commento a cui lo scoliaste ha attinto) ha unito le due precedenti esegesi. Cfr. ibid. le altre spiegazioni, di scoli più recenti, rispettivamente: μετεωρισάντων ἤγουν πρύμναν ἀντιστρεψάντων. παράγεται δὲ ἡ λέξις ἀπὸ μεταφορᾶς τῶν ἐπικυπτόντων καὶ τὴν πυγὴν δεικνυόντων γυμνήν· κἀκεῖνοι γὰρ δίκην πυγῆς τὰς πρύμνας πρὸς Ἀθηναίους ἀντέστρε<ψαν> ἵν’ εἶεν ἕτοιμοι πλεῖν πρὸς τὸ πέλαγος, basata a sua volta su una glossa fornita a un passo del comico Filippo (Philipp. Com., Fr. 3); e poi, sempre riferito ad ἀποσιμωσάντων, si legge: τὰ σημεῖα τῆς ξυμμαχίας ἀραμένων καὶ ἀναδειξάντων, evidentemente indotta da un banale errore da itacismo.

Trattazione:

Il verbo α si trova, in ambito nautico, solo in Thuc. 4 25.5; αὖθις προσβαλόντες οἱ Ἀθηναῖοι, ἀποσιμωσάντων ἐκείνων καὶ προεμβαλόντων [scil. i Siracusani], ἑτέραν ναῦν ἀπολλύουσιν; e in Gal., In Hipp. De fract. comm., p. 347 ed. Kühn: ὅταν γὰρ ἀποσιμώσαντες τὴν πρῷραν ἐπιτηδείαν ἐργάσωνται πρὸς τὸ σφοδρῶς ἐῤῥαγεῖσαν ἐφ’ ἑτέραν εἰ καὶ μάλιστα κατὰ τὸ πλάγιον ὅλην αὐτὴν διαλῦσαί τε καὶ καταδῦσαι, παρεσκευάσθαι φασίν ὡς εἰς ἐμβολὴν τηνικαῦτα. Il sostantivo ἀποσίμωσις, invece, appare contestualizzato solo in App. BC 4 9.71: αἱ δὲ ἐμβολαὶ καὶ ἀποσιμώσεις ἐς βαρυτέρας τὰς Ῥωμαίων ναῦς ἀσθενεῖς ἐγίγνοντο κτλ. Cfr. anche Marcellin., Vita Thucydidis 52.6, dove il nome ἀποσίμωσις è considerato neologismo di Tucidide, il quale in realtà usa solo il verbo α, come si è visto.

Da tutte le ricorrenze sembra chiaro che la manovra debba essere preliminare a un attacco, probabilmente per mezzo di speronamento (→ ἐμβολή, ἐμβάλλω), ma sul significato esatto del termine greco gli studiosi moderni non concordano. Leggendo Tucidide si può pensare che si tratti di una mossa abbastanza rapida, tanto da permettere ai Siracusani di cogliere impreparati gli Ateniesi e colpirli per primi. Per questa ragione i traduttori tendono a rendere il verbo come se implicasse una veloce conversione (considerandolo, di fatto, come un sinonimo di ἀναστρέφω, anch’esso spesso connesso a una → ἐμβολή): «the Syracusans made a sudden turn outwards» (Smith, 1965 [1930]), «l’adversaire ayant viré court» (De Romilly, 1967); cfr. anche la traduzione di Moreschini: «i Siracusani fecero una conversione al largo» (Moreschini, 1963; Ferrari & Daverio Rocchi, 1985), che rispetta in parte la resa dei lessicografi antichi di α con μετεωρίζω (vd. supra), inteso ora non nel senso di «sollevare», ma in quello più particolare di «portare al largo [le navi]» – interpretazione a sua volta basata su paralleli come Thuc. 8 16.2, Philostr. VA 6.12, cfr. anche Id. Her. 31.9., dove però μετεωρίζω è sempre accompagnato da specificazioni come ἐν τῷ πελάγει / εἰς τὸ πέλαγος.

Bisogna notare, d’altra parte, che in nessuna delle esegesi antiche (fatta eccezione per quella che si basa sul commento a Filippo comico) compare mai il concetto di virata, ma ricorre quello di un attacco condotto in modo da cogliere l’obiettivo con maggiore slancio, indietreggiando e/o «sollevando» la nave (forse la poppa; per un’interpretazione del possibile significato di μετεωρίζειν in questo senso di veda anche infra, il passo di Polibio). Tucidide e Appiano non danno elementi per comprendere meglio in che cosa consistesse la manovra, ma la mancanza di una virata sembra particolarmente chiara nel passo di Galeno, in cui egli vorrebbe spiegare un uso apparentemente poco perspicuo del verbo ἐμβάλλω da parte di Ippocrate. Nello specifico, il lemma citato da Galeno è «ὁ δὲ ἠνάγκαζεν οὕτως ἔχειν, ὅκωσπερ οἱ τοξεύοντες, ἐπὴν τὸν ὦμον ἐμβάλωσιν», riferito alla posizione in cui converrebbe immobilizzare la spalla fratturata, cioè alla stessa maniera in cui si pongono gli arcieri per tendere l’arco. La prima spiegazione data da Galeno è che, quando si solleva il braccio, la testa dell’omero si «immette» nella cavità glenoidea (Gal., In Hipp. De fract. comm., p. 346-7 ed. Kühn: τῆς χειρὸς ἀποτεινομένης ἐμβαίνει τοῦ βραχίονος ἡ κεφαλὴ, τῇ κοιλότητι τοῦ τῆς ὠμοπλάτης αὐχένος οὐκ ἐμβεβηκυῖα, πρότερον ὁπότε καθεῖτο). La seconda è appunto quella che riconduce l’ἐμβολή alla manovra (scil. lo speronamento) a cui le navi si preparano ἀποσιμώσαντες τὴν πρῷραν. La terza spiegazione è basata sul fatto che, presso i comici, si trovano descrizioni di personaggi il cui corpo si protende come per un’ἐμβολή (ovvero, un personaggio avanza impettito in cerca di uno scontro; Gal., In Hipp. De fract. comm., p. 346-7 ed. Kühn: καὶ παρὰ τοῖς κωμικοῖς δὲ τὰ προτεινόμενα τοῦ σώματος ὡς εἰς ἐμβολὴν παρεσκευάσθαι λέγεται). In tutti e tre i casi ciò che si definisce come ἐμβολή è preceduto da un’azione, rispettivamente tendere il braccio (τῆς χειρὸς ἀποτεινομένης), compiere una ἀποσίμωσις (ἀποσιμώσαντες) e infine protendersi in avanti (τὰ προτεινόμενα τοῦ σώματος): in questo contesto l’idea di una conversione non sembra molto coerente.

Una descrizione, in ambito navale, della ἀποσίμωσις potrebbe essere stata fornita da Polibio nel racconto della battaglia di Chio del 201 (Plb. 16 4.12): αὐτοὶ [scil. i Rodii] μὲν γὰρ ἔμπρωρρα τὰ σκάφη ποιοῦντες ἐξάλους ἐλάμβανον τὰς πληγάς, τοῖς δὲ πολεμίοις ὕφαλα τὰ τραύματα διδόντες ἀβοηθήτους ἐσκεύαζον τὰς πληγάς. È notevole che qui si stia parlando della flotta rodia, come nel sopra citato passo di Appiano (App. BC 4 9.71). L’assenza del verbo α o del sostantivo ἀποσίμωσις impedisce comunque di risolvere definitivamente la questione.

Bibliografia
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Data inserimento 29/03/2024
DOI 10.25429/sns.it/lettere/lgnn0017
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