Bynē (Βύνη, ἡ)

Autore F. Favi
Traduzione Byne (Ino-Leucotea), mare (traslato da B.), pino (?)
Etimologia

Per quanto l’etimo sia ignoto (cfr. Beekes, van Beek, EDG s.v. Βύνη), lo sviluppo del significato ‘mare’ a partire dal nome Byne di Ino-Leucotea è perfettamente chiaro sulla base delle vicende del mito (per cui, cfr. [Apoll.] 3.4.3, Eitrem 1925, coll. 2297-2300). Inspiegabile resta invece l’equivalenza in alcune fonti erudite che pongono Βύνη = πεύκη «pino» (cfr. Chantraine, DELG, pp. «la glose πεύκη est inexpliquée»).

Nella sua recente trattazione, Lambin 2006 ricollega βύνη al verbo βυνέω (/βυννέω) «rimpinzare» e seguendo una suggestione cui aveva già fatto cenno Chantraine, DELG, pp.  s.v. βῡνέω, propone per i termini una base *βυσν- da cui *βύσνᾱ > *βύνᾱ > βύνη (I AC), come in *σελασνᾱ > σελᾱνᾱ > σεληνη; a questo etimo sono ricondotte anche altre basi (βυ- βυθ- βυκ- βυτ-) che esprimerebbero l’idea della ‘gonfiezza’ (Lambin non propone un’etimologia e si limita a un raffronto formale e semantico). Nell’idea dello studioso (Lambin 2006, p. 102), il termine βύνη avrebbe indicato in origine «la Gaveuse», figura quasi archetipica di «Bonne Mère» (?) che i poeti ellenistici («amateurs des mots rares et pittoresques») avrebbero poi associato a Ino-Leucotea, dal momento che nelle vicende mitiche che la coinvolgono quest’ultima figura è in primo luogo una madre e tale sarà poi anche in senso figurato in quanto a lei si affidano i marinai. Le tesi di Lambin poggiano su basi incerte e la trafila fonetica proposta è strumentale a una ricostruzione semantica arbitraria.

Attestazioni lessicografiche

Β compare in diversi testi grammaticali (Ap. Dysk. De Pron. p. 55.5 Brandenburg = Hdn. GG III.1, p. 335.11, p. 533.10 = Hdn. GG III.2, p. 10.28 = Arcad. p. 129.7) dove serve a esemplificare la regola per cui i bisillabi con sillaba finale -νη allungano la quantità della penultima e sono baritoni.

Altrove (Lex.Art.Gramm. p. 449.7 Bachmann = Theogn. Can. 106.3 Cramer = Georg. Choer. GG IV.1, p. 307.14 = Epimer. Hom. γ8 Dyck = Et.Gud., p. 325.11 de Stefani = Et.Gud. Add., p. 291.15 de Stefani = EM p. 217.4 Gaisford = EM p. 243.22 Gaisford = Et.Sym. p. 514.30 Lasserre-Livadaras = Σ Lycoph. 757 Scheer) le fonti erudite ricordano l’identità di Βύνη con Ino-Leucotea (in p. 431.19 Bekker si parla solo di ὄνομα κύριον).

Nei passi in cui si discute l’etimologia del termine sono queste le possibilità che si presentano:

1) εἰς βυτὸν δύνειν > Βυθοδύνη > κατὰ συγκοπὴν Βύνη (Et.Gen. β292 Lasserre-Livadaras, s.v.; EM p. 217.7 Gaisford)

2) Βύνη ἐκλήθη, ἐπεὶ βεβύθισται (Et.Gen. λ101 Alpers, s.v.)

3) εἰς βυθὸν ἥλλατο (Et.Gud.Add., p. 291.16 de Stefani = cfr. Apoll. 3.4.3 μετὰ νεκροῦ τοῦ παιδὸς ἥλατο κατὰ βυθοῦ)

4) μετὰ τῶν ἱματίων εἰς βυτὸν εἱλκύσθη (Et.Gud.Add., p. 291.16 de Stefani: credo che la prima parte di questa etimologia – μετὰ τῶν ἱματίων – dipenda dal fatto che il βύνητος sia un mantello egizio, cfr. Hdn. GG III.1, p. 219.19, Arcad. [De acc.], p. 93.16 Schmidt)

5) ὕδατος ἐπληρώθη (Et.Gud.Add., p. 291.17 de Stefani)

6) παρὰ τὸ δῦναι εἰς τὸ ὕδωρ (Et.Gud.Add., p. 291.17 de Stefani)

7) παρὰ τὸ δύνω, δύνη, ἡ καταδῦσα εἰς θάλασσαν, καὶ Βύνη, κατὰ τροπήν (EM p. 217.9 Gaisford, Et.Sym., p. 516.17 Lasserre-Livadaras; Σ Lycoph. 107 Scheer lo definisce un fenomeno fonetico dorico).

Le spiegazioni etimologiche offerte, come si può vedere, fanno costante riferimento alle vicende mitiche di Ino, divenuta Leucotea dopo essersi tuffata in mare insieme al cadavere del figlio Melicerta.

L’indicazione di EM p. 217.9 Gaisford, per cui Β equivarrebbe a θάλαμα ἢ πεύκη, andrà invece spiegata come un mero errore (θάλασσα > θάλαμα) rispetto a Et.Gud.Add., p. 291.15 de Stefani Βύνη· ἡ θάλασσα καὶ ὄνομα θεᾶς e Σ Lycoph. Scheer 107 θάλασσα ἢ πεύκη (restano oscure le ragioni del collegamento con πεύκη).

Toponimi e culti

Non si ha notizia di un culto di Β in discontinuità rispetto a quello di Ino-Leucotea (per il quale cfr. Eitrem 1925, coll. 2302-2306, Bremmer 2012). In Lyc. Alex. 107 si parla di un sacrificio alle Baccanti e a Β, un’associazione che non sorprende se si considerano le vicende del mito: a Ino, sorella di Semele madre di Dioniso, viene affidato il figlio illegittimo di Zeus alla morte della madre e per questo motivo la donna sarà poi resa folle da Era.

Trattazione:

Questo nome di Ino-Leucotea è di origine ignota, ma in età ellenistica conosce alcune attestazioni letterarie: Lycoph. Alex. 107 e 757, Callim. Aet. fr. 91 Pfeiffer (= 193 Massimilla), Callim. fr. 745 Pfeiffer (= 277 Massimilla), Euph. fr. 127 CA.

In Lycoph. Alex. 757, Β è la divinità salvatrice dei naviganti (cfr. Prop. 2.28.19-20: Ino etiam prima terris aetate vagata est: | hanc miser implorat navita Leucothoen). Callim. Aet. fr. 91 Pfeiffer (= fr. 193 Massimilla) rappresenta l’incipit di un’elegia del IV libro degli Aitia interamente dedicata alle vicende di Ino e di suo figlio Melicerta (per una ricostruzione del passo, cfr. Massimilla 2010, p. 427 s.), mentre in Callim. fr. 745 Pfeiffer (= Aet. fr. 277 Massimilla), probabilmente proveniente dalla stessa opera (cfr. Massimilla 2010, p. 558 s.), si ricordano le Nereidi che accolsero (sono dette καταδέκτριαι) Ino, che da donna quale era (viene detta Βύνης […] αὐδηέσσης «dalla voce umana», cfr. Hom. Od. 5.333-334 Κάδμου θυγάτηρ, καλλίσφυρος Ἰνώ, | Λευκοθέη, ἣ πρὶν μὲν ἔην βροτὸς αὐδήεσσα) divenne poi la dea marina Leucotea.

In Euph. fr. 127 CA si parla dei πολύτροφα δάκρυα Βύνης in riferimento all’acqua salata del mare (cfr. Et.Gen. λ101 Lavasserre-Livadaras, s.v.: Εὐφορίων δὲ βύνην τὴν θάλασσαν λέγει, οἷον· πολύτροφα δάκρυα βύνης, τοὺς ἅλας βουλόμενος εἰπεῖν).

Bibliografia
  • Beekes, van Beek, EDG: R.S.P. Beekes, L. van Beek, Etymological Dictionary of Greek, Leiden 2010
  • Bremmer 2012: J.N. Bremmer, s.v. Ino-Leucothea, in OCD, Oxford 2012
  • Eitrem 1925: S. Eitrem, s.v. Leukothea [1], in RE, 12, 1925, coll. 2293-2306
  • Lambin 2006: G. Lambin, Bynè, autre nom d’Inô-Leucothéa, «Les Etudes Classiques», 74, 2006, pp. 97-103
  • Massimilla 2012: G. Massimilla, Aitia. Callimaco. Libri terzo e quarto. Introduzione, testo critico, traduzione e commento, Pisa-Roma 2010.
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