epitonos (ἐπίτονος, ὁ)

Autore Giovanni Vaglini
Traduzione 1)"Paterazzo" o "strallo di poppa", il cavo che collega la testa dell'albero alla poppa della nave con funzione di sostegno strutturale (e quindi come manovra dormiente). Opp. → πρότονος, "strallo". 2) meno propr., "fune" legata all'albero e al pennone.
Etimologia

Deverbale dalla radice a grado forte di τείνω (“tendere”), tramite suffissazione a vocale tematica -ο- e aggiunta del prefisso ἐπι-. ε nasce come aggettivo, col significato di “teso (all’indietro)”, oppure “che crea tensione (all’indietro)” se con Kurt 1979, 164 si interpreta la suffissazione in senso attivo. In seguito si sostantivizza a partire da espressioni come *ἐπίτονος ἱμάς. Diversamente che per à πρότονος, termine che gli è strettamente legato dal punto di vista linguistico, l’uso aggettivale di e è ben attestato: vd. LSJ s.v. e cfr. ad es. Hsch. ε 800, s.v. εἰθυνόμενον. Kurt 1979, 222 osserva che l’impiego nautico sia di ε che di ➔ πρότονος è secondario, e collega tale fenomeno al fatto che il cordame della nave fu introdotto più recentemente rispetto ad altre componenti, almeno nella sua versione così diversificata.

Attestazioni lessicografiche

Come ➔ πρότονος, anche ε riceve le attenzioni degli eruditi, che paiono avere una certa difficoltà a spiegare il termine omerico.

Eust. ad Il. I, 425 (discutendo ➔ πρότονος) è la sola fonte a riportarne la corretta interpretazione, denunciando però che essa si basa su ipotesi congetturali: ἐπίτονος μέντοι, δέρμα φασὶν ᾧ πλοίου ἱστὸς κατασφαλίζεται. καὶ ἔοικε διαφέρειν προτόνου εἴ τις ἐξακριβοῖτο αὐτόν (“Chiamano epitonos, invece, il cavo di pelle tramite il quale l’albero della nave viene tenuto fermo; e sembra che esso sia distinto dal protonos, se lo si esamina con attenzione”). Cfr. Eust. ad Od. XII, 409: ὡς καὶ Ὀππιανὸς δηλοῖ, πρότονος νηὸς εἰπὼν ὁμοίως τῷ ἐπίτονος. In Eust. ad Od. XII, 423 si presentano invece le due diverse interpretazioni contemplate dai lessicografi antichi: ἰστέον δὲ ὅτι ἐπίτονος λέγεται ἱμὰς ἀνέλκων τὸ κέρας ὑψοῦ πρὸς ἱστόν. οἱ δὲ παλαιοὶ μάλιστα οὕτως. ἐπίτονος, δέρμα ᾧ πλοίου ἱστὸς κατασφαλίζεται (“Bisogna sapere che si dice epitonos la fune che lega il pennone all’albero, in alto. Ma gli antichi lo intendevano soprattutto così: epitonos come cavo di pelle tramite il quale l’albero della nave è tenuto fermo”). Non è del tutto chiaro se ε fosse ancora impiegato come termine nautico, ma con un significato diverso da “paterazzo”, in epoca tarda. Dati però l’incertezza di lessici e scoli, la sua marcata rarità e il fatto che anche ➔ πρότονος riceva interpretazioni simili (tra cui “cavo che collega pennone e albero”) è probabile che semplicemente non fosse più chiaro cosa ε volesse dire esattamente.

Le rimanenti fonti presentano la seconda tra le interpretazioni date da Eustazio, con qualche ulteriore oscillazione sull’esatta collocazione di questa fune. Vd. sch. Q Od. XII, 423 Dindorf ἐπίτονος] ὁ ἱμὰς, ὃς ἤρτηται μὲν τοῦ ἱστοῦ, διὰ δὲ αὐτοῦ ἑλκόμενον τὸ κέρας ἀνάγεται πρὸς τὸν ἱστόν. ἄλλως. ὁ συνέχων τὸ κέρας κάλως; sch. BP Od. XII, 423 Dindorf: ὁ ἀνέλκων τὸ κέρας ἱμὰς πρὸς τὸ ὕψος τοῦ ἱστοῦ; sch. V Od. XII, 423 ἱμὰς, ἤτοι ὁ τῶν κεράτων δεσμός. ἢ ὁ ἱμὰς ὁ πρὸς ἄκρῳ τῷ ἱστῷ, δι’ οὗ τὸ ἄρμενον ἀνέλκεται; Ap. Soph. Lex. Hom. 74, 30 Bekker s.v. ε: ὁ ἱμὰς ὁ δεσμεύων τὸ πρὸς τὸ ἱστίον κέρας, οἷον ἡ κεραία, ἥτις δεσμεύεται περὶ τὸν ἱστόν. Phot. ε 1767 s.v. ε (=Coll. verb. ut. s.v. ε = Suid. ε 2713 s.v. ε = Zonar. s.v. ε): ὁ δεσμεύων ἱμὰς παρὰ τὸν ἱστὸν τὸ κέρας. Anche Hsch. ε 5343 s.v. ε dovrebbe appartenere a questa tradizione. Il testo è lacunoso: δεσμός (δερμα H), ᾧ κατησφάλισται <…> τὸν ἱστὸν τῆς νεώς, ma Latte integra ragionevolmente <τὸ κέρας πρὸς>.

ε rientra anche in un dibattito antico su un passo aristofaneo. Cfr. sch. Ar. Lys. 923 Dübner: αἰσχρὸν γὰρ ἐπὶ τόνου γε] ἀντὶ τοῦ ἐπὶ ἐπιτόνου. λείπει γὰρ ἡ ἐπί. δηλοῖ δὲ ἐπὶ δέρματος. (καὶ) Ὅμηρος «ἐπίτονος βέβλητο.» e Suid. ε 2714 s.v. ε: Ἀριστοφάνης ἐπὶ ἐπιτόνου. γελοῖον δὲ ἐπὶ δέρματος. καὶ Ὅμηρος· ἐπίτονος βέβλητο. L’espressione di Lys. 923 ἐπὶ τόνου è da intendersi come “sulle nude cinghie del letto” (Perusino, Beta 2020, 278). Lo scolio, la Suda e la lezione ἐπιτόνου di alcuni codici aristofanei (vd. l’apparato ad loc. di Henderson 1987) dimostrano che già anticamente si aveva scarsa comprensione del nesso, il che portò ad accostarlo all’ε omerico, inteso da queste fonti semplicemente come “cinghia di pelle”, si direbbe solo perché Omero afferma che è fatto di questo materiale (vd. infra).

I rimanenti testi eruditi in cui compare ε sono attirati non dal significato del termine, ma dalla forma del verso che lo riporta, che è acefalo: cfr. ad es. Dion. Thrax fr. 13, 7 Linke.

Trattazione:

Nei testi letterari ε si trova soltanto una volta, in Od. XII, 422-5 (dove si descrive un naufragio): ἐκ δέ οἱ ἱστὸν ἄραξε ποτὶ τρόπιν· αὐτὰρ ἐπ’ αὐτῷ / ἐπίτονος βέβλητο, βοὸς ῥινοῖο τετευχώς· / τῷ ῥ’ ἄμφω συνέεργον ὁμοῦ τρόπιν ἠδὲ καὶ ἱστόν, / ἑζόμενος δ’ ἐπὶ τοῖς φερόμην ὀλοοῖσ’ ἀνέμοισι, “[L’onda] fece cadere l’albero sulla chiglia, e su di esso era finito il paterazzo, fatto di pelle di bue; con esso legai insieme albero e chiglia, e sedendomici sopra venivo trasportato sotto venti rovinosi”. Il passo omerico ci informa che l’ ε, a differenza dei ➔ πρότονοι, era una solo. Inoltre, come già accennato, era fatto di pelle di bue. Si trattava probabilmente di un cavo più spesso e resistente, tanto da essere usato per legare insieme albero e chiglia. Cfr. in proposito Janni 1996, 91, e Köster 1923, 76. La sua caduta sull’albero al momento del naufragio testimonia che vi era collegato, e lascia immaginare che potesse essere smontato piuttosto facilmente, insieme all’albero stesso (vd. Janni, ibid.). Essendo soltanto uno, diversamente che per i ➔ πρότονοι non si ha un’idea chiara di quale fosse la zona della poppa a cui l’ε era legato: Kurt 1979, 18 ipotizza che l’area designata fosse quella dove agiva il timoniere, ma non vi è alcuna prova a riguardo. Mark 2005, 129 è dell’opinione che l’ε passasse attraverso un anello o simile struttura attaccata all’albero, oppure un foro nell’albero stesso con funzione di puleggia.

Una continuità nell’uso del termine è attestata per il III sec. a.C. da P. Col. Zen. 100 (inventario di attrezzature per una barca), dove si legge ἐπίτονοι. Normalmente, il plurale ἐπίτονοι significa “tendini”, in particolare nella prosa di IV sec. a.C. (vd. LSJ s.v. ε), ma la testimonianza papiracea ne dimostra l’impiego nautico, suggerendo anche che in epoche più tarde una nave potesse caricare più di una di queste funi.

Ath. XIV, 632e presenta come esempio di esametro acefalo un verso fittizio derivante dalla conflazione dell’incipit di Od. XII, 423 con Il. III, 375: ἐπίτονος τετανύστο βοὸς ἶφι κταμένοιο (“fu tirato un paterazzo fatto della pelle di un bue ucciso”). West 2017, app. ad loc. lo cita come una possibile variante del verso odissiaco. Se non altro, Ateneo dimostra di pensare come Omero (o più probabilmente con Omero), che l’ε è fatto di pelle di bue.

Bibliografia

Henderson 1987: J. Henderson, Aristophanes – Lysistrata, Oxford 1987.
Janni 1996: P. Janni, Il Mare degli Antichi, Bari 1996.
Köster 1923: A. Köster, Das antike Seewesen, Berlin 1923.
Kurt 1979: C. Kurt, Seemännische Fachausdrücke bei Homer, Göttingen 1979.
Mark 2005: S. Mark, Homeric Seafaring, College Station (TX), 2005.
Perusino, Beta 2020: F. Perusino, S. Beta, Aristofane – Lisistrata, Milano 2020.
West 2017: M.L. West, Homerus – Odyssea, Berlin / Boston 2017.

Data inserimento 07/07/2023
DOI 10.25429/sns.it/lettere/lgnn0002
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