prymnēsia / prymnēsion (πρυμνήσια, τά / πρυμνήσιον, τό)

Autore Giovanni Vaglini
Traduzione “Cime di poppa”, i.e. le corde utilizzate per legare la poppa della nave alla terraferma.
Termini trattati nella voce

prymnēsios, a, on (πρυμνήσιος, α, ον).

Etimologia

Forma sostantivata dell’aggettivo πρυμνήσιος, -α, -ον (“Appartenente alla poppa”), attestato in Eur. HF 478-9 ὡς ἀνημμένοι κάλῳς / πρυμνησίοσι (“come tenuti saldi da funi di poppa”) e varie fonti lessicografiche: Hdn 3.1, 119 Lenz; Et. Gud. 351 Sturz s.v. κυβιστητήρ; etc. A sua volta l’aggettivo deriva da ➔πρύμνη, “poppa”. In origine, dunque, π deve essere nato da espressioni come πρυμνήσια πείσματα (Kurt 1979, 179) o δεσμά (LSJ s.v.) o σχοινία (Erodiano, vd. infra).

Termini linguisticamente connessi

➔prymnē (πρυμνή, ἡ)

Attestazioni lessicografiche

Harpocr. ε 89 s.v. ἐπίγυιον, Phot. ε 1518 s.v. ἐπίγυον, Zonar. 809 Tittman s.v. ἐπίγυια, Suda ε 2275 s.v. ἐπίγυιον e Hsch. γ 967 s.v. γύαια usano π per glossare ➔ἐπίγυον / ἐπίγυιον e ➔γύαια, sinonimi meno frequenti: cfr. Lisia fr. 16 Carey. Più spesso il termine è indicato come sinonimo di ➔πεῖσμα: vd. ad es. Hsch. π 1267 s.v. πείσματα: σχοινία ἀπόγεια, πρυμνήσια. Vd. poi sch. Eur. Tro. 811 Schwartz τὰ ναύδετα λέγει τὰ πρυμνήσια. Hdn. Part. 116 Boissonade riporta la derivazione di πρυμνήσια (σχοινία) da πρύμνη. Poll. I, 93 elenca i π fra le attrezzature della nave. Hsch. λ 1193 s.v. λογγάσια attesta che i π venivano legati a pietre traforate (vd. anche LSJ s.v. λόγγασια).

Vi sono poi le glosse al termine in sé. Hsch. π 4121 s.v. π: ἀπόγεια σχοινία (cfr. ad es. Tzetz. ad Il. I, 436; sch. D Il. I, 476 Erbse; sch. Od. II, 418b Dindorf). Teognosto 127 Cramer attesta il singolare: πρυμνήσιον, τὸ σχοινίον; vd. anche Et. Gud. 457 Sturz s.v. ➔πεῖσμα. Eust. ad Il. I, 436 πρυμνήσια δὲ τὰ ἀπόγεια σχοινία τουτέστιν, οἷς ἡ ναῦς ἀποδεῖται εἰς γῆν καὶ οἷς ὥσπερ πείθεται. διὸ τὰ αὐτὰ καὶ πείσματα λέγονται (cfr. id. ad Od. II, 418) “I prymnēsia sono le cime che vanno verso terra, con cui la nave viene legata alla terraferma e ai quali, in un certo modo, si affida; perciò essi sono anche detti peismata”. Zonar. 809 Tittmann s.v. π τὰ ἀπόγεια σχοινία, οἷς ἐκ τῆς πρύμνης προσδεσμεῖται ἡ ναῦς πρὸς τῇ γῇ (cfr. sch. D Il. I, 436 Erbse). παρὰ τὸ πρυμνὸν, τὸ ἔσχατον. Sch. Aesch. Ag. 984a glossa il termine come aggettivo πρυμνησίων] ἤτοι ἐπὶ τῶν πρυμνῶν τῆς ἀκάτης.

Trattazione:

Espressione prettamente tecnica, a quanto sembra in uso in ogni fase storica della lingua greca sempre con lo stesso significato, come una presenza fissa e comune nel linguaggio marinaresco. Ι π sono utilizzati in quello che tutt’oggi è chiamato approdo mediterraneo (Morrison, Williams 1968, 56-7; Mark 2005, 154-5), in cui la nave viene fatta attraccare dal lato della poppa e viene fissata a prua con le ancore e a poppa tramite cime di questo tipo, legate a un sostegno stabile sulla terraferma. Si tratta del metodo di approdo tipico della nave omerica, ma frequente anche in epoche successive. Quasi sempre (ma non esclusivamente) compare al neutro plurale: πρυμνήσια. Il termine è frequente in Omero (2x Il., 11x Od.), sempre situato in versi formulari e sempre subito dopo il quarto longum dell’esametro (Kurt 1979, 179). Lo si trova nelle scene di approdo: ἐκ δ’ εὐνὰς ἔβαλον, κατὰ δὲ πρυμνήσι’ ἔδησαν (“Gettarono le ancore, e legarono le cime di poppa” Il. I, 436 = Od. XV, 498). Nella descrizione di un approdo “perfetto” in Od. IX, 136-9 le tipiche espressioni che Omero utilizza per le operazioni di ormeggio sono rovesciate al negativo, perché il luogo è tanto favorevole da non necessitarne; fra le altre, anche la formula concernente i π: οὐ χρεὼ πείσματός ἐστιν, / οὔτ’ εὐνὰς βαλέειν οὔτε πρυμνήσι’ ἀνάψαι (“Non c’è bisogno di gomene, né di gettare le ancore, né di legare le cime di poppa”). I π indicano talora per sineddoche l’intera zona nei dintorni della poppa, tirata in secco nel momento dell’approdo, sempre in associazione ad attività di riposo svolte dai marinai. Vd. la formula κοιμήσαντο παρὰ πρυμνήσια νηός, “si coricarono presso le cime di poppa della nave” (Il. I, 476 = Od. XII, 32). I marinai omerici dormono presso i π e non sullo scafo della nave probabilmente per poter far meglio la guardia, nonché per essere pronti a levare gli ormeggi rapidamente in caso di emergenza; in Od. III, 424 si dice anche che due membri dell’equipaggio vengono lasciati stabilmente presso l’ormeggio a sorvegliare l’imbarcazione (cfr. Mark 2005, ibid.) La scena è variata in Hymn. Hom. Cer. 128 δεῖπνον ἐπηρτύνοντο παρὰ πρυμνήσια νηός.

Si menziona invece lo “scioglimento” dei π in scene di partenza, con due differenti espressioni formulari: τοὶ δὲ πρυμνήσι’ ἔλυσαν (Od. II, 418 = XV, 286 e 552), e αὐτούς τ’ ἀμβαίνειν ἀνά τε πρυμνήσια λῦσαι (Od. II, 418 = IX, 178 e 562; XI, 637; XII, 145; XV, 548). Pur senza che sia impiegato il termine preciso, un passo odissiaco attesta che i π potevano essere legati a “pietre traforate” presenti a terra: Od. XIII, 77.

π ricompare nel dramma di V sec. a.C. Aesch. Ag. 984 è un passo corrotto, ma la menzione dei π è sicura, peraltro in associazione alle navi degli Achei a Troia. Eur. fr. 752 g K. presenta il nesso πρυμνήσι’ ἀνάψαι di ascendenza omerica. Vd. anche IT 1335-6. In IT 1394-5 i codici riportano ἄνεμος ἐξαίφνης νεὼς / ὠθεῖ πάλιν πρυμνήσι(α), “un vento improvviso spinge di nuovo indietro le cime di poppa della nave”. La maggior parte degli interpreti considera l’espressione priva di senso: la correzione ὠθεῖ παλίμπρυμν’ ἱστί(α), “spinge all’indietro le vele dalla parte della poppa”, proposta da Mekler, è però insoddisfacente per varie ragioni (cfr. Cropp 2000, 258). Morrison, Williams 1968, 202 ipotizzano quindi che il passo sia sano, e π significhi “ornamento della poppa” e quindi “poppa”; la prima ipotesi è certamente da scartare perché non trova alcun appiglio né nei testi letterari né in quelli lessicografici, la seconda non impossibile, anche se pare difficile intendere una sineddoche quando si parla di una nave che è per mare, e non ormeggiata. Sia Cropp 2000 che Kyriakou 2006, 440 preferiscono pensare che il verso, così com’è, sia corrotto anche al di là di πρυμνήσι(α).

Dopo il V secolo, π diviene piuttosto comune sia in poesia che in prosa, con diverse decine di attestazioni. Teofrasto, Hist. Plant. IV, 7, 4 parla di una baia in cui i π vengono legati ai rami o alle radici di grossi alberi di mangrovia, a seconda della marea. Apollonio Rodio utilizza il termine con una certa frequenza (7x), mostrando anche autonomia dalla dizione omerica: non impiega infatti le medesime formule e fa comparire πρυμνήσια non solo dopo il quarto, ma anche dopo il terzo longum dell’esametro (ad es. Arg. I, 912; IV, 857). Egli inoltre attesta vari metodi di ormeggio tramite i π: in. I, 912-3 essi vengono sciolti da una “pietra piena di sale”. In I, 965 vengono legati “nel porto della città”. In II, 159-60 sono annodati intorno a una pianta di alloro. In IV, 840 νηὸς ὅθι πρυμνήσι’ ἀνῆπται è metonimico per “il luogo dell’ormeggio”: l’azione di annodare i π è cioè designata come essenziale nell’operazione di attracco.

In età imperiale e tardoantica π ha varie attestazioni prosastiche. I π sono citati generalmente in contesti di approdo o partenza di una nave, quando vengono legati (in genere si usa il verbo δέω o ἀνάπτω) oppure sciolti (col verbo λύω o un suo composto). In Plut. Lucull. 12, 4 si descrive una partenza precipitosa in cui l’equipaggio di una nave è costretto a recidere i π, anziché scioglierli; cfr. Polieno, Strat. V, 8, 2. Elio Aristide, Isthm. 18, 13-4 Dindorf impiega il termine al singolare, in una metafora: καὶ ἀνήφθω γε ἐξ αὐτοῦ τοῦ θεοῦ πρυμνησίου τινὰ τρόπον, ὡς ἂν εἴποι τις (“[il mio discorso] sia legato in qualche modo, come dire, con la stessa cima di poppa del dio [Poseidone]”. Eliodoro, Aeth. I, 1, 2 descrive una nave da carico (➔ὁλκάς) tenuta all’ormeggio dai π.

In poesia troviamo il termine nell’Antologia Palatina, due volte in senso letterale (X, 4 e 6), una in senso metaforico (XII, 159; cfr. P. Mag. Berol. 1, 346). Trifiodoro, 213 è memore delle formule omeriche: ἀνά τε πρυμνήσια λῦσαι. Gregorio Nazianzeno utilizza il termine 4 volte, anche in senso figurato (vd. Mor. 679, 5 Migne, De se ipso 978, 13 Migne). In Nonn. Dion. IV, 39 i π sono immaginati ironicamente come il dono di nozze di un marinaio: l’oggetto, dunque, simboleggia per metonimia tutta l’arte marinaresca. In XXIII, 109 si descrivono le armi di guerrieri caduti che galleggiano in acqua ἅτε πρυμνήσια νηῶν, forse da intendere meglio in modo pregnante “come le cime di poppa [sciolte o spezzate] delle navi”, piuttosto che per sineddoche “come le poppe delle navi” (di certo imprecisa la traduzione “come prore di navi” di Gonnelli 2003). Nella Parafrasi (XVII, 5) Nonno offre una metafora piuttosto ardita, che mescola l’immagine nautica con quella dell’auriga, dicendo che Dio σαρκὸς ὅλης βροτέης πρυμνήσιον ἡνιοχεύειν (“tiene le redini del prymnēsion di tutto il genere umano”). Qui π è usato al singolare, cosa piuttosto rara, e il significato non è ben chiaro. Sia Agnosini 2020 che Calzascia 2021 traducono con “timone”, ma forse si può considerare anche una traduzione più letterale, dato che Nonno sembra conoscere il senso tecnico (“tiene la cima di tutto il genere umano”, nel senso che tiene ben salda la nave ormeggiata dell’umanità; oppure per sineddoche “tiene la poppa”).

Il termine mostra continuità d’uso anche in epoca bizantina, sia in prosa che in versi, sia in senso letterale che figurato, con decine di occorrenze (anche lessicografiche: Gennadio Scolario II, 479 Jugie πρυμνησία, τὰ ἀπόγεια σχοινία).

Vi è anche una manciata di attestazioni epigrafiche, sicuramente al plurale, forse anche al singolare: vd. ad es. IG II2, 1641, ll. 49-50; IG II2 1648, ll. 14-15; IC I.XVII 10, ll. 2-3 (sing.).

Bibliografia
  • Agnosini 2020: M. Agnosini, Nonno di Panopoli– Parafrasi del Vangelo di San Giovanni, Roma 2020.
  • Calzascia 2021: S.C. Calzascia, Nonno di Panopoli– Parafrasi del Vangelo di San Giovanni, Lecce 2021.
  • Cropp 2000: M.J. Cropp, Euripides– Iphigenia in Tauris, Warminster 2000.
  • Gonnelli 2003: F. Gonnelli, Nonno di Panopoli– Le Dionisiache. Vol. II (canti XIII-XXIV), Milano 2003.
  • Kurt 1979: C. Kurt, Seemännische Fachausdrücke bei Homer, Göttingen 1979.
  • Kyriakou 2006: P. Kyriakou, A Commentary on Euripides’ Iphigenia in Tauris, Berlin / New York 2006.
  • Mark 2005: S. Mark, Homeric Seafaring, College Station (TX) 2005.
  • Morrison, Williams 1968: J.S. Morrison, R.T. Williams, Greek Oared Ships, Cambridge 1968.
Data inserimento 08/07/2023
DOI 10.25429/sns.it/lettere/lgnn0006
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