toicharkos (τοίχαρχος, ὁ)

Autore Fabrizio Di Sarro
Traduzione Colui che controlla i rematori sui due lati della nave, nostromo
Etimologia

Il termine τ è composto dai sostantivi →τοῖχος, “parete, murata/fianco della nave” (variante di τεῖχος, “cinta muraria, fortificazione”: cfr. Frisk, GEW, II, 865-6; Chantraine, DELG, II, 1098-9; Beekes – van Beek 2010, 1458-9); e ἀρχός (un derivato del verbo ἄρχω), “comandante”: letteralmente indica dunque colui che dirige i rematori su ciascun fianco della nave, ma designa anche il nostromo (cfr. infra, trattazione).

Attestazioni lessicografiche

Poll., Onom., 1, 96: ὁ δὲ τοίχαρχος ὀνομαζόμενος λόγῳ ἂν λέγοιτο τοίχων ἄρχων; Suda, T1140, s.v. Τοίχαρχος: ἐπὶ νεὼς ὁ ἄρχων αὐτῆς· τοιχάρχου δὲ πρωρεύς, πρωρέως δὲ κυβερνήτης, κυβερνήτου δὲ ναύκληρος.

Trattazione:

La prima attestazione di τ è in un passo dell’Epistula ad Jacobum dello Pseudo-Clemente Romano (14, 2). Dopo aver paragonato la Chiesa a una grande nave (νηὶ μεγάλῃ) che, attraversando una violenta tempesta e con Dio come proprietario (δεσπότης) e Cristo come timoniere (→κυβερνήτης), trasporta verso il Regno dei Cieli quanti ambiscono a raggiungerlo, l’autore associa i vari ordini del ministero ecclesiastico alle diverse categorie in cui è suddiviso il personale di bordo, seguendo l’ordine gerarchico (cfr. Casson 1995, 314-5, nota 66): se il vescovo è assimilato all’ufficiale di prua (→πρῳρεύς) e i presbiteri ai marinai (→ναῦται), il diacono è associato al toicharchos (οἱ τοίχαρχοι διακόνοις; diaconi dispensatorum teneant locum nella traduzione latina dell’epistola ad opera di Rufino di Aquileia). Il passo prosegue poi paragonando i vari pericoli del mare alle difficoltà e agli ostacoli cui va incontro la fede cristiana (l’allegoria della Chiesa come nave è un tema molto ricorrente negli autori cristiani, tanto greci quanto latini: cfr. e.g. Hippol., De ant., 59; Epiph., Adv. haeres., 2, 383 H; Greg. Nyss., 6, 341 L; Tert., De bapt., 12; Ambr., De Virg., 18, 119; Prudent., C. Symm., vv. 1-17, sui cui cfr. Rapisarda 1963, 61-75; per uno studio sull’impiego di questa metafora da parte di Giovanni Crisostomo cfr. Cloşcă 2011, 387-406). Le stesse associazioni nave-chiesa (in questo caso l’edificio vero e proprio) e diaconi-toicharchoi si ritrovano anche in un passo delle Constitutiones apostolorum (2, 57), nel quale si sostiene che al centro della chiesa debba essere posizionato il seggio del vescovo, accanto al quale siederanno i presbiteri, mentre i diaconi, adeguatamente vestiti (εὐσταλεῖς), saranno in posizione stante: di questi ultimi si specifica che “ἐοίκασι γὰρ ναύταις καὶ τοιχάρχοις”.

Come già le fonti finora esaminate lasciano ben intendere, nella gerarchia del personale di bordo il toicharchos occupava una posizione ben definita. Dal passo dell’Onirocriticon in cui Artemidoro di Daldi spiega cosa significhi per chi naviga (su una nave mercantile: cfr. Casson, ibid.) sognare di essere decapitati (1, 35), questo aspetto emerge ancor più chiaramente: il filosofo afferma infatti “[…] ἄρχει δὲ περινέου μὲν ὁ τοίχαρχος, τοιχάρχου δὲ ὁ πρῳρεύς, πρῳρέως δὲ ὁ κυβερνήτης, κυβερνήτου δὲ ὁ ναύκληρος· […]”, “[…] the toicharchos is over a supercargo (perineos), the proreus over a toicharchos, the captain over a proreus, the owner (charterer) over a captain […]” (trad. Casson, ibid.; in un altro passo dell’opera – 2, 23 –, Artemidoro associa i vari elementi che costituiscono la nave ai membri dell’equipaggio e afferma che il piazzale dell’imbarcazione simboleggia il toicharchos, “τὸ κέρας τὸν τοίχαρχον”: cfr. Casson 1995, 314-5, nota 67). La stessa gerarchia viene fornita anche dalla Suda, che, rispetto a Polluce, il quale dà una spiegazione prettamente etimologica del sostantivo τ (“colui che è designato con il termine toicharchos potrebbe essere definito come il comandante dei lati della nave”), si riferisce al toicharchos più come a un nostromo, definendolo infatti come comandante della nave (sia per Polluce che per la Suda cfr. supra, attestazioni lessicografiche).

Più che a una figura con più di una mansione, ossia capo dei rematori e nostromo-gestore della nave, si dovrebbe in realtà pensare a due differenti tipologie di toicharchoi, a seconda che l’imbarcazione sia di carattere militare o mercantile. L. Casson, infatti, dando conto della composizione dell’equipaggio di una trireme ateniese nel V e nel IV sec. a.C., considera il toicharchos come il primo dei rematori thranitai (→τρανίτης)– quelli cioè che occupavano il più alto dei tre ordini di rematori verticalmente disposti sui lati della trireme – di poppa, tanto sul fianco sinistro quanto su quello destro della nave: sulle imbarcazioni militari i toicharchoi svolgevano quindi la funzione di capi dei rematori ed erano in due, uno per lato (cfr. Casson 1995, 304). Sulle navi mercantili, quelle cui fa riferimento Artemidoro di Daldi (cfr. supra), v’era invece – osserva ancora lo studioso – un solo toicharchos e questi era l’ufficiale cui i comandanti facevano affidamento per la gestione del carico e anche dei passeggeri (per le operazioni di manovra contavano invece sui proreis, che avevano anch’essi una funzione diversa da quella degli omonimi ufficiali che operavano a bordo di una nave militare: supervisori della prua questi ultimi, vicecomandanti e addetti alla manutenzione i proreis mercantili) (cfr. Casson 1995, 303 e 318-20; sulla figura del proreus cfr. anche Rougé 1965, 91-3). A differenza del suo corrispettivo militare, il toicharchos mercantile non aveva una posizione fissa: nell’Onirocriticon è infatti associato al piazzale della nave (2, 23: cfr. supra); e che avesse a che fare con il carico, e non con i rematori, lo suggerisce il fatto che lo stesso Artemidoro di Daldi lo definisce come il superiore del perineos (1, 35: cfr. supra), termine che in origine designava semplicemente quanti si trovavano su una nave ma non facevano parte del suo equipaggio (cfr. e.g. Thuc., 1, 10, 4; Ael., NA, 2, 15), ma che a un certo punto ha iniziato a essere impiegato anche per riferirsi a un ufficiale di bordo di basso rango, preposto al carico della nave (cfr. Philostr., V A, 6, 12) (cfr. Casson 1995, 319-20, nota 83). È dunque ai toicharchoi delle navi mercantili che pensano lo Pseudo-Clemente Romano e il compilatore delle Constitutiones apostolorum quando paragonano i diaconi a tali ufficiali di bordo (cfr. supra): anche il diacono ha infatti una funzione di guida e gestione, che nel suo caso si esercita nei confronti della comunità dei fedeli (cfr. Casson 1995, 319, nota 81; molto esplicativo in questo senso è l’impiego, da parte di Rufino, del termine dispensator, “amministratore”, per tradurre in latino τ).

Bibliografia
  • Beekes – van Beek 2010: R.S.P. Beekes – L. van Beek, Etymological dictionary of Greek, Leiden – Boston (Mass.) 2010.
  • Casson 1995: L. Casson, Ships and seamanship in the ancient world, Baltimore (Md.) – London 1995 [1986].
  • Chantraine, DELG, II: P. Chantraine, Dictionnaire étimologique de la langue Grecque. Histoire des mots, Paris 1999 [1968].
  • Cloşcă 2011: T. Cloşcă, “Metafora corabiei în opera lui Ioan Hrisostom”, in C&C 6.2, 2011, 387-406.
  • Frisk, GEW, II: H. Frisk, Griechisches etymologisches Wörterbuch. II. Κρ-Ω, Heidelberg 1967.
  • Rapisarda 1963: E. Rapisarda, “Gli apostoli Pietro e Paolo e la nave della Chiesa in Prudenzio”, in Miscellanae di Studi di Letteratura cristiana antica 13, 1963, 61-75.
  • Rougé 1965: J. Rougé, “Πρῳρεύς”, in RPh 39, 1965, 91-3.
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