ikria (ἴκρια, τά)

Autore Andrea Monico
Traduzione ponte, tavolato del ponte
Etimologia

Si tratta di un termine tecnico privo di etimologia. Alcune ardite proposte etimologiche si possono trovare in Bezzenberger 1902, 162 e in Gray 1932, 68: menzionate con scetticismo da Boisacq, DELG, 371 e da Frisk GEW, I, 718, sono del tutto ignorate da Chantraine, DELG, I, 460 e da Beekes, EDG, I, 584-585.

Termini linguisticamente connessi

Derivato di ἴκρια è ἰκριόω, “fornire qualcosa di ἴκρια, costruire una piattaforma, un ponteggio” (IG I3 472, ll. 159 e 180; 476, ll. 25-26; Cass. Dio, 43, 22, 3; 59, 7, 8); dal verbo ἰκριόω derivano ἰκρίωμα, “impalcatura” (IG I3 476, l. 18) e ἰκριωτῆρες, “pavimentazione del ponte” (IG I3 386, l. 110; 387, l. 120; IG II2 1629, l. 1156; 1631, l. 339; 1668, ll. 78-79 e 80-81), entrambi termini che spesso si trovano anche scritti con aspirazione iniziale. Composti di ἴκρια sono ➔ἐπίκριον “pennone della nave” (Od. 5, 254, 318; Ap. Rh. 2, 1262; Orph. A. 761), ἰκριοποιέω “costruire una piattaforma” (I.Didyma 42, l. 6; 43, l. 21; ID 290, l. 241), ἰκριοποίησις, “costruzione di una piattaforma” (ID 290, l. 240), ἰκριοποιός, “costruttore di piattaforme” (Poll., 7.125 Bethe).

Attestazioni lessicografiche

Σ ad γ 353, a2 Pontani, ἐπ’ ἰκριόφιν] ἐπὶ τοῖς σανιδώμασι, ἐπὶ τοῖς καταστρώμασι / κατὰ τῶν σανιδωμάτων τῶν στρωμάτων / καὶ ὑψωμάτων / ἐπὶ τῷ κρύει / ξύλοις ὀρθοῖς, “«sugli ἴκρια»][1] sui tavolati del ponte, sulla tolda / sui tavolati, sulla tolda / e sulle impalcature / al freddo / [su] legni diritti (cfr. Σ ad γ 353, a1 Pontani; Σ ad ε 252, a Pontani; Σ ad ε 252, b Pontani; Σ ad ε 254, c Pontani; Σ ad O 676, a Erbse; Orion ι75, 14-15 Sturz, s.v. ι = Et. Gud., 275, 23-24 Sturz; EM *470, 83-86 Gaisford; synag. ι55, ὀρθὰ ξύλα ἢ σανιδώματα τῆς νηός; An. Bachm. 261, 9 Bachmann; Phot. ι94 Theodoridis); Σ ad γ 353, b Pontani νηὸς ἐπ’ ἰκριόφιν: “ἰκρίον” λέγεται ὁ ἱστός. λέγεται “ἰκρία” καὶ τὰ κεκυρτωμένα ξύλα ἐν τοῖς πλευροῖς ὄντα τοῦ πλοίου, ἐν οἷς προσήλωνται αἱ σανίδες. “ἰκρία” λέγεται καὶ τὰ κατεστρωμένα σανίδια ἐν τῷ σανδαλίῳ, οἷά εἰσι τὰ τῶν ἰχθυβόλων, “«sugli ἴκρια della nave»: ἰκρίον è chiamato l’albero della nave. Sono chiamati ἰκρία anche i legni incurvati che ci sono sui fianchi della nave, ai quali vengono inchiodate le tavole del ponte. Sono chiamati ἰκρία anche le piccole tavole tirate sul sandalo, quali sono quelle dei pescatori” (cfr. Σ ad μ 229, ν 74 Dindorf); Σ ad ε 163, c Pontani, ἴκρια: τὰ ὀρθὰ ξύλα, ἐφ’ ὧν τὰ τῆς νεὼς καταστρώματα προσπήγνυται, τὰ “ἐγκοίλια” λεγόμενα παρ’ ἡμῖν, “«ἴκρια»: il legni diritti, sui quali viene fissata la tolda della nave, quelle che presso di noi si chiamano “centine” (cfr. Σ ad ε 163, d1 Pontani; Σ ad ε 163, d2 Pontani); Σ ad Ap. Rh., 1, 564-67, c Wendel ἐπ’ ἰκριόφιν: τὸ ἴκριον τοῦ ἱστοῦ μέρος. φησὶ δὲ Ἐρατοσθένης ἐν τῷ Ἀρχιτεκτονικῷ (fg 60 Strecker)· “ἱστός· πτέρνη, καρχήσιον, θωράκιον, ἠλακάτη, κεραία, ἴκριον”. βέλτιον δὲ νοεῖν ἴκριον τὴν καλουμένην κεραίαν, ἧς τὰ ἄκρα ἀκροκέραια […], “«sugli ἴκρια»: lo ἴκριον è una parte dell’albero della nave. Eratostene nell’Architettonico (fg 60 Strecker) dice: «albero: il piede, la cima, la gabbia di protezione, la punta, il pennone, lo ἴκριον». Tuttavia, è meglio intendere ἴκριον nel senso di ciò che viene chiamato «pennone», le cui estremità [sono chiamate] «cime del pennone»”; Σ Lycophr. 751a αὐταῖς μεσόδμαις· τοῖς μέσοις ξύλοις τῆς σχεδίας. ἴκρια δὲ τὰ κύκλῳ ὀρθά, “«con le travi mezzane stesse»: con le travi che stanno nel mezzo della zattera. Gli ἴκρια, invece, sono [i legni] diritti [collocati] attorno [alla zattera]”; Apion LXXIV, 242, 3-4, s.v. ἰκρίον·[2] τὸ ξύλον τῆς νηός, ἀφ’ οὗ αἱ σανίδες προσαρμόζονται. ἢ τὸ κέρας. ἢ αὐτὸς ὁ ἱστός, “ἰκρίον: il legno della nave a cui sono fissate le tavole del ponte. Oppure l’antenna. Oppure l’albero stesso”; Hsch., ι501 Cunningham, s.v. ι· ἡ καθέδρα τοῦ κυβερνήτου. οἱ δὲ τὰ πλάγια καὶ τὰ μακρὰ σανιδώματα τῆς νεώς. ἢ τὰ ἐπὶ τοῖς ξύλοις κατασκευαζόμενα θεωρεῖα. καὶ τὰ ὀρθὰ ξύλα, τὰ ἐπὶ τῆς πρύμνης καὶ πρῴρας, καὶ τὰ καταστρώματα αὐτῆς, καὶ τὰ ξύλινα οὕτως ἐλέγοντο Ἀθήνησιν, ἀφ’ ὧν ἐθεῶντο, πρὸ τοῦ τὸ ἐν Διονύσου θέατρον γενέσθαι (cfr. ν414), “la seduta del timoniere. Altri invece [intendono] le fiancate e il grande tavolato della nave. Oppure i posti di osservazioni montati sulle pertiche. [Alcuni intendono] anche i legni diritti, quelli a prua e a poppa, e i rispettivi ponti, e così ad Atene chiamavano le strutture in legno dalle quali guardavano gli spettacoli, prima che venisse costruito il teatro di Dioniso” (cfr. Ap. Soph. 38, 29-30 Bekker; Suid. ι275 Adler, s.v. ι; Eust. in Od. 1471, 65; 1528, 60; 1533, 20 Stallbaum; Eust. in Il., 1037, 32 van der Valk).

[1] Nella traduzione qui approntata dei brani lessicografici si è deciso di mantenere in greco il termine ἴκρια in virtù della sua non univoca interpretazione: per i dettagli cfr. infra, Trattazione.

[2] Il riferimento è all’edizione di A. Ludwich, Über die homerischen Glossen Apions, Philologus, LXXIV, 1917, 205-247 e LXXV, 1918, 95-103.

Trattazione:

a. Per quanto la maggior parte delle attestazioni di ι, a partire da Omero, siano riconducibili all’ambito dell’architettura navale, il termine non risulta tuttavia essere esclusivo del lessico navale. Esso, per esempio, si trova utilizzato in Erodoto e in Strabone nel generico senso di “piattaforma”, “tavolato”, in Aristofane e Cratino in quello di “palchi del teatro”, mentre attestato nelle iscrizioni è anche il significato di “impalcatura” (per maggiori dettagli cfr. LSJ s.v. ι).

b. In Omero, e poi in gran parte degli autori successivi che avranno presente il suo testo, sia di poesia (Bacchilide, Apollonio Rodio, Nonno) sia di prosa (Eliodoro), il termine ι è attestato in esclusiva associazione con l’ambito dell’architettura navale. Nei poemi omerici esso, ordinariamente al plurale,[3] è usato con ogni probabilità per indicare la piattaforma di legno che veniva rialzata a prua e/o a poppa delle imbarcazioni per la sistemazione durante la navigazione del timoniere ed eventualmente della sentinella e/o dei passeggeri: alcuni scoli antichi (Σ ad ε 252, a Pontani; Σ ad ε 254, c Pontani) legavano ι al verbo ἱκνεῖσθαι, perché sugli ι camminavano appunto gli occupanti della nave, e anche Esichio definisce ι ἡ καθέδρα τοῦ κυβερνήτου. A tal proposito è bene precisare che con ogni probabilità nelle navi omeriche tali piattaforme rialzate a prua e/o a poppa delle imbarcazioni non erano collegate tra loro mediante un ponte vero e proprio, il quale nel senso moderno del termine non esisteva (cfr. Casson 1971, 44 e Morrison, Williams 1968, 47-48, 51). Che il significato di ι in Omero sia quello “half-deck at the stern of a ship” (LSJ s.v. ι; cfr. anche Chantraine, DELG, I, 460 e Beekes, EDG, I, 584) sembra piuttosto chiaro da alcuni passi significativi: cfr. per esempio Il., 15, 674-678: Οὐδ’ ἄρ’ ἔτ’ Αἴαντι μεγαλήτορι ἥνδανε θυμῷ | ἑστάμεν ἔνθά περ ἄλλοι ἀφέστασαν υἷες Ἀχαιῶν· | ἀλλ’ ὅ γε νηῶν ἴκρι’ ἐπῴχετο μακρὰ βιβάσθων, | νώμα δὲ ξυστὸν μέγα ναύμαχον ἐν παλάμῃσι | κολλητὸν βλήτροισι δυωκαιεικοσίπηχυ, “ma non piacque nel cuore ad Aiace magnanimo star là dove s’eran ridotti i figli degli Achei: marciava a gran passi pei banchi delle navi, brandiva in pugno una pertica enorme, da lotta navale, di ventidue cubiti, fatta di pezzi uniti da anelli” (Calzecchi Onesti 1963); oppure anche Od., 12, 228-231: αὐτὰρ ἐγὼ καταδὺς κλυτὰ τεύχεα καὶ δύο δοῦρε | μάκρ’ ἐν χερσὶν ἑλὼν εἰς ἴκρια νηὸς ἔβαινον | πρῴρης· ἔνθεν γάρ μιν ἐδέγμην πρῶτα φανεῖσθαι | Σκύλλην πετραίην, ἥ μοι φέρε πῆμ’ ἑτάροισιν, “io invece indossai le armi insigni e, prese nella mani due lunghe lance, andai sulla tolda della nave, a prua; di là mi aspettavo, per prima cosa, che apparisse Scilla rupestre, che portava rovina ai miei compagni” (Di Benedetto 2010).

c. Una ricostruzione più complessa del significato di ι viene proposta da Kurt 1979, 128-132 (cfr. anche le relative note con i rimandi alle fonti iconografiche antiche incluse in Casson 1971). Egli, muovendo dalla constatazione che nel lessico non navale il termine ι indica genericamente vari tipi di strutture di sostegno, come per esempio le impalcature dei teatri o delle tribune (cfr. Martin 1957), si richiama ad alcune raffigurazioni di navi egizie risalenti alla fine del IV millennio a.C. che esibiscono in posizione centrale strutture verticali di sostegno tenute insieme e coperte da tettoie in legno; più tardi, nella seconda metà del II millennio a.C., tali strutture compaiono a prua e a poppa delle imbarcazioni e vengono talora sostituite da semplici ringhiere che arrivavano all’altezza delle ginocchia o delle anche dei marinai. Oltre a quelle egizie, anche le navi minoiche (metà del II millennio a.C.) mostrano solitamente ricche tughe a poppa, semplici ringhiere a prua e alte strutture di protezione al centro, talvolta tenute insieme da lunghe assi orizzontali, altre volte invece terminanti con forcelle destinate ad ospitare il pennone della nave: gli antichi affreschi da Akrotiri sull’isola di Thera testimoniano efficacemente tale stato di cose (cfr. Marinatos 1974, Pl. 112). Tali strutture di protezione sarebbero poi state adottate, secondo Kurt, anche dai carpentieri navali greci, tanto nelle navi da guerra quanto in quelle mercantili: queste sarebbero state dunque fornite, a seconda dei casi, di sovrastrutture situate a poppa, a prua e/o lungo l’intera estensione dello scafo e il termine ι indicherebbe proprio tali tipi di strutture cabinate. La menzione dell’aggiunta degli ἐπηγκενίδες in Od., 5, 253[4] indurrebbe a pensare che con ι Omero intenda riferirsi ai soli sostegni verticali della struttura in questione; in realtà, però, diversi altri passi omerici sembrano suggerire piuttosto che il termine ι indichi la struttura di protezione nel suo complesso, data dall’unione di elementi verticali e orizzontali e collocata probabilmente a poppa delle imbarcazioni (fatta eccezione per Od., 12, 229, dove si dice chiaramente che Odisseo si sposta sull’ι a prua): così in Il., 15, 676, 685, 729 nella descrizione degli spostamenti frenetici di Aiace sia tra più navi sia all’interno della stessa nave, e così anche in Od., 12, 414 in cui si parla della caduta in mare ἀπ’ ἰκριόφιν del timoniere durante una tempesta. Ci sono poi altri passi in cui ι sembra invece indicare un vero e proprio ponte rialzato collocato a poppa dell’imbarcazione: così Od., 13, 74, in cui i Feaci provvedono a realizzare per Odisseo un giaciglio ove l’eroe possa sistemarsi per la navigazione, ma anche Od., 3, 353 in cui Nestore offre a Telemaco la propria ospitalità per evitare che il giovane sia costretto a dormire sulla propria nave ἐπ’ ἰκριόφιν, e Od., 15, 283 e 552, dove si parla di oggetti che vengono rispettivamente posati ἐπ’ ἰκριόφιν o presi ἀπ’ ἰκριόφιν.

A partire dall’analisi di questo stato di cose, la conclusione cui giunge Kurt è la seguente. In un primo momento la struttura degli ι, di origine egizia e minoica, venne adottata dai carpentieri navali greci come impalcatura di protezione da collocare a prua e/o a poppa delle imbarcazioni, per evitare la caduta in mare degli equipaggi, nonché per migliorare la capacità di navigazione delle imbarcazioni stesse. In seguito, il termine passò a indicare più specificamente la struttura di protezione, eventualmente dotata di parapetto, collocata a poppa delle imbarcazioni. Infine, tale struttura nel corso del tempo venne integrata mediante l’aggiunta di un ponte vero e proprio, e a questo, oltre che alle cabine di protezione, iniziò a essere riferito il termine ι. Sembra che in Omero questi due significati di struttura di protezione per l’equipaggio e di ponte tendano a convivere nella parola ι, riflettendo probabilmente l’evoluzione delle tecniche di carpenteria navale contemporanea alla composizione dei poemi e il conseguente slittamento semantico del termine in questione.

d. Il significato di “ponte” è quello che ι assume anche negli autori che dopo Omero ne fanno uso: si consideri per esempio Bacch. 17 (= Dith. 3) Maehler, 81-85: ὡς εἶπε· τῷ δ’ οὐ πάλιν | θυμὸς ἀνεκάμπτετ’, ἀλλ’ εὐ- | πάκτων ἐπ’ ἰκρίων | σταθεὶς ὄρουσε, πόντιόν τέ νιν | δέξατο θελημὸν ἄλσος, “Così disse. L’ardore dell’altro, però, non si piegò. Salito sul ponte ben co[nn]esso si tuffò: benevolo lo accolse la distesa marina” (Giuseppetti 2015); Ap. Rh., 4, 79-81: βάλλον, ὁ δὲ κραιπνοὺς χέρσῳ πόδας ἧκεν Ἰήσων | ὑψοῦ ἀπ’ ἰκριόφιν· μετὰ δὲ Φρόντις τε καὶ Ἄργος, | υἷε δύω Φρίξου, χαμάδις θόρον, “e dalla tolda subito Giasone balzò a terra con rapido piede, e assieme a lui saltarono Argo e Frontis, figli di Frisso” (Paduano, Fusillo 1986); Ap. Rh., 4, 1661-1664: ἡ δὲ πτύχα πορφυρέοιο | προσχομένη πέπλοιο παρειάων ἑκάτερθεν | βήσατ’ ἐπ’ ἰκριόφιν, χειρὸς δέ ἑ χειρὶ μεμαρπώς | Αἰσονίδης ἐκόμιζε διὰ κληῖδας ἰοῦσαν, “ella tirò sulle gote, da ambo le parti, lembi del peplo purpureo e salì sul ponte: la teneva per mano, passando attraverso i banchi, il figlio di Esone” (Paduano, Fusillo 1986). Si noterà che in entrambi i passi di Apollonio Rodio le espressioni utilizzate per indicare i movimenti da e verso il ponte navale sono calchi omerici, rispettivamente ἀπ’ ἰκριόφιν e ἐπ’ ἰκριόφιν.

Sempre in Ap. Rh., più ambiguo risulta il passo di 1, 566-568: ἐπ’ ἰκριόφιν δὲ κάλωας | ξεστῇσιν περόνῃσι διακριδὸν ἀμφιβαλόντες | Τισαίην εὔκηλοι ὑπὲρ δολιχὴν θέον ἄκρην, “dopo aver fissato le sartie alle tavole con caviglie ben levigate, corsero tranquillamente oltre il lungo capo Tiseo” (Paduano, Fusillo 1986). Qui si parla delle sartie della nave Argo che vengono fissate alle caviglie ἐπ’ ἰκριόφιν: se qui ι potrebbe senz’altro valere “ponte” (di prua o di poppa), d’altro canto Kurt 1979, 129 sembra suggerire che qui Apollonio Rodio stia indicando la struttura di protezione montata sulle imbarcazioni a beneficio dell’equipaggio alla quale anche in Omero il termine ι talvolta si riferisce (cfr. supra, c), e anzi sarebbe proprio questo passo di Apollonio Rodio, tra gli altri, a suggerire una complessità semantica di ι più ampia rispetto a quanto la canonica traduzione con “ponte” indurrebbe a pensare (cfr. Kurt 1979, 128-129). Diversa è invece l’interpretazione che di ι in questo passo propone lo scolio ad loc. (cfr. supra, Attestazioni lessicografiche), nel quale si legge che il termine indicherebbe una parte dell’albero della nave (➔ἱστός) e precisamente la parte solitamente indicata con κεραία, ossia il pennone. Tale uso del termine ι non trova però alcun riscontro in nessun altro passo di Apollonio Rodio né, soprattutto, di Omero, il quale per indicare il pennone della nave si serve sempre del termine ➔ἐπίκριον (sulla sostituzione in epoca classica di questo termine con il più perspicuo ➔κεραία cfr. la relativa discussione s.v. ➔ἐπίκριον, Trattazione, b).[5]

e. Per concludere, occorrerà menzionare il caso di Nonno di Panopoli, nelle cui Dionisiache ι assume in due passi (36, 404 e 40, 447) un significato completamente diverso da quello che sembra avere in Omero e in Apollonio Rodio: l’autore tardo-antico, infatti, pare servirsi di ι per indicare le coste laterali delle imbarcazioni, che nella tecnica di carpenteria navale greco-romana venivano inchiodate all’interno delle fiancate o del fasciame esterno (➔σταμῖνες in Nonno) della nave, per rendere più robusta l’intera struttura dello scafo (sul cambio di significato che ι subisce in Nonno cfr. anche la relativa discussione completa s.v. ➔σταμῖνες, Trattazione, h). D’altro canto, però, Nonno sembra allinearsi con Omero in 39, 322-323 (καὶ Φλογίος κλυτότοξος ὑπηνέμιον βέλος ἕλκων | ἴκρια νηὸς ἔβαλλε καὶ οὐκ ἐτύχησε Λυαίου, “anche Flogio, famoso arciere, scagliando un dardo ventoso colpisce il castello della nave e non raggiunge Lieo” (Agosti 2004)), dove anziché le coste laterali, pare decisamente più verisimile che ι indichi la struttura di protezione eretta a favore dell’equipaggio nelle navi egizie, minoiche e infine omeriche di cui dà conto Kurt 1979, 128-132 (cfr. supra, Trattazione, c), oppure, alternativamente, il mezzo-ponte sopraelevato collocato a prua o a poppa dell’imbarcazione (così Frangoulis, Gerlaud 2006, 90, n. 105).

[3] Il singolare ἴκριον non risulta mai attestato in Omero; ne deriva che le numerose occorrenze, di per sé ambigue a livello di numero (oltre che di caso), della forma ἰκριόφιν andranno interpretate come plurali. ἴκριον al singolare riferito a elementi navali sembra attestato nelle sole fonti lessicografiche ed etimologiche antiche, mentre qualche occorrenza del termine al singolare con significati diversi da quello navale si può trovare, per esempio, in Ath. 4.167 f e in Marcellin. Vit. Thuc. 31.

[4] L’intero passo del V libro dell’Odissea in cui viene descritta la costruzione da parte di Odisseo di un’imbarcazione a bordo della quale l’eroe lascerà l’isola di Calipso (vv. 234-261) pone diversi problemi di interpretazione, legati principalmente al modo di intendere i termini ➔σταμῖνες e ➔ἐπηγκενίδες, oltre che ➔ἴκρια (vv. 252-253): cfr. le relative discussioni s.vv.

[5] L’interpretazione proposta dallo scolio ad Apollonio Rodio di ἴκριον nel senso di albero della nave o di una sua parte non risulta comunque del tutto isolata: essa, infatti, trova riscontro anche in Σ ad γ 353, b Pontani (dove, al posto di ➔ἴκριον, è trasmessa la singolare forma parossitona ἰκρίον) e in Apion LXXIV, 242, 3-4 (cfr. supra, Attestazioni lessicografiche)

Bibliografia
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Data inserimento 23/07/2023
DOI 10.25429/sns.it/lettere/lgnn0014
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